La piccola rientrò di fretta aprendo la porta di colpo, richiudendola alle sue spalle con la stessa forza, facendo vibrare tutte le assi e producendo un forte tonfo che scosse la tranquillità di una gelida notte di plenilunio.
“Maestra Argantia, hai sentito quel rumore, fuori nel bosco? Ho i brividi!”
“Alisia! Si mia cara, l’ho sentito anche stasera, io so bene di cosa si tratta.”
Cercai di calmare la mia allieva, abbracciandola. Fuori dalla capanna la luna e le stelle scintillavano nell’aria gelida, un vento leggero scuoteva le fronde degli alberi, mentre all’interno il tepore del falò ci riscaldava. Chiusi bene il chiavistello della porta e mi assicurai che le finestre fossero ben tappate, così come fosse ben coperta con le calde pelli la bambina tremante.
“Siedi qui accanto al fuoco e ti racconterò di Ypa, della sua follia e della distruzione del nostro villaggio.”
Una lacrima solcò le mie guance e la bambina mi strinse la mano nodosa. Iniziai il mio racconto, socchiudendo gli occhi.
Leggi tutta la storia sul blog di Sara, l’autrice del racconto.
Tra liguri e celti: i salassi
Un tempo, all’epoca dell’età del bronzo, mille anni prima della nascita di Cristo, nella pianura tra le odierne Ivrea e Mazzè vi era un grande lago. Esso era alimentato dai fiumi Chiusella e Dora e rilasciava la sua acqua nell’emissario che scorreva fino alla zona del vercellese.
Gli abitanti che lì vivevano, i liguri, erano allevatori e raccoglitori e prosperavano proprio grazie al grande lago, che donava loro ogni sorta di animale, pesce e pianta di cui avessero bisogno.
Dopo un paio di secoli, iniziarono a scendere nella loro valle, passando dai valichi, popolazioni d’oltre Alpi. Guerrieri dai capelli rossi o biondi e dagli occhi chiari, che lavoravano il ferro, erano ottimi artigiani e sapevano estrarre l’oro. I due popoli si unirono e, con il passare del tempo, non fu più possibile distinguere uno dall’altro. Fu così che nacquero i Salassi.
La leggenda di Ypa dei Salassi
Ed è qui che incontriamo la nostra regina: Ypa dei Salassi. Ypa era una sacerdotessa della Dea Mattiaca, la Dea della battaglia. Proprio perché ne era sacerdotessa non poteva sposarsi, in quanto un marito l’avrebbe distratta dal regno e dal servire la Dea. Ella però, indomita, amava la compagnia degli uomini e, ogni tanto, si concedeva di invaghirsi di uno di loro.
Il suo regno andava dalla zona di Ivrea al Lago di Candia e di Viverone e confinava con i Taurini a sud e con le popolazioni Libui, alleate della regina di Vercelli, Ressona, acerrima nemica di Ypa, a sud est.
Essendo la zona del lago particolarmente adatta alla vita, i salassi crebbero in numero velocemente e presto non vi furono più abbastanza terre per tutti. Non volendo invadere i territori a sud per evitare una guerra aperta con la sua nemica, Ypa decise di bonificare parte del lago per creare nuove terre. La decisione fu anche presa perché in quella che oggi è identificata come la Bessa, fu ritrovato un giacimento aurifero e serviva acqua per poter estrarre l’oro.
Presa così la decisione per la bonifica, Ypa mise a capo dei lavori il suo amante, che costruì dighe e un tunnel nel quale incanalare le acque in quella che oggi è Mazzé (Mattiacus, il cui nome deriva probabilmente dal nome della Dea Mattiaca). Il giovane divenne conosciuto e apprezzato grazie alle sue doti, ma la regina, stufa ed infatuata di un nuovo giovane, voleva sostituirlo a capo dei lavori.
Egli però era troppo ben voluto e la regina non poteva farlo sparire facilmente. Per questo ideò un piano più complicato. Avrebbe aperto parzialmente la diga ed inondato la galleria, facendolo così annegare al suo interno. Il piano però non andò come previsto, la diga collassò e l’acqua invase completamente il villaggio dei salassi, uccidendo tutti tranne i pochi che vivevano nella zona sopraelevata, tra cui Ypa. Il disastro fu attribuito a lei, ma i capi salassi non potevano uccidere una sacerdotessa della Dea e regina del suo popolo.
Tempo dopo, mentre la regina stava andando a controllare le terre emerse dalla bonifica, il cavallò si imbizzarrì e la trascinò con sé in una folle corse in quello che rimaneva nel lago. Si disse che il cavallo era stato assetato per giorni e che quando vide l’acqua vi si buttò a capofitto.
Questa fu la fine della regina Ypa dei Salassi, sacerdotessa di Mattiaca. Si dice che ancora oggi vaghi in alcune notti di luna, sulle rive del Dora, in cerca del suo ultimo amante, rimasto ucciso dal suo stesso piano.
La Dea Mattiaca, Morrigan canavesana
Mattiaca è la controparte cisalpina e canavesana della Dea Morrigan irlandese. Non sappiamo molto su di lei, se non che fosse anch’Ella associata ai corvi, alla guerra, alla forza e alla battaglia, proprio come la Dea Morrigan. Ella era anche signora dei guadi, collegata alle acque.
La cosa è curiosa perché a Mazzè, l’antica Mattiacus, esiste l’unico guado praticabile sulla Dora tra Ivrea e il Po.
La vera storia di Ypa e il destino dei Salassi
Ricostruendo storicamente attraverso le fonti (Tito Livio e Strabone sono i maggiori riferimenti) la storia che vede la zona di Biella e del Canavese in contrasto con la zona di Vercelli, dobbiamo risalire molto indietro.
I salassi risultano dalle fonti a volte come liguri, genti precedenti ai celti, possiamo chiamarli gli autoctoni del nostro territorio, altre volte come celti, popolazioni d’oltre Alpi che scendono nelle nostre valli. Alcune fonti semplicemente ne parlano come celto-liguri, ovvero un popolo misto formato dall’unione dei liguri, già presenti sul territorio, e dei celti, arrivati più tardi e stanziatisi nella zona pacificamente.
Questa è la teoria che ritengo più probabile.
In ogni caso, nel 166 a.c., la prima spedizione romana nelle Alpi, troviamo i Salassi stanziati in tutto il Canavese, il Biellese e la Valle d’Aosta. I victimuli nel biellese occidentale, probabilmente imparentati con i Salassi. I Libui e i Salluvi, invece, si trovano nella zona di Vercelli e i Taurini nella zona torinese odierna.
I Salassi, nella zona di Viverone, Ivrea, odierna Bessa, Mazzé, vivevano sulle sponde di un grande lago, di cui si ha riscontro nelle fonti. Dovendo utilizzare moltissima acqua per l’estrazione dell’oro dal giacimento della Bessa, il corso del lago fu deviato e questo creò non pochi problemi alle popolazioni del vercellese, che si ritrovarono il proprio emissario del lago a secco. Le due popolazioni erano quindi spesso in lotta (Ypa contro Ressona).
Il ritrovamento, avvenuto qualche anno addietro, di una stele funeraria della prima età del ferro (VI secolo a.C.), situata un tempo alla sommità del tumulo della Bicocca, conferma che nella piana formata dalla Dora (odierna Mazzé) esisteva un caer (villaggio fortificato) salasso, sorto molto probabilmente allo scopo di controllare il guado e le miniere d’oro.
Nel 143 a.c. il console Appio Claudio, collega del console Metello e di lui geloso, è incaricato di aprire un negoziato con i Salassi per tutelare le popolazioni vercellesi, alleate dei romani, nella guerra per l’acqua. Proprio a causa di questo suo orgoglio e desideroso di mostrarsi migliore di Metello, Appio muove guerra ai Salassi, ma rimane sconfitto a Verolengo e perse 5.000 soldati. Nonostante questo, continua nei suoi tentativi. Il punto focale, infatti, non era aiutare i vercellesi, ma impossessarsi della Bessa, il giacimento aurifero più produttivo del Nord. Appio alla fine ce la fa, sconfigge i Salassi e occupa la Bessa. Si pensa che la vittoria romana sia accaduta proprio, secondo la tradizione, alla Bicocca, località posta tra Mazzè (antica Mattiacus) e Vische, nel 140 a C.
La leggenda di Ypa, quindi, potrebbe parlare in modo metaforico, proprio della sconfitta salassa contro i romani. Può essere che nella leggenda sia stata data la colpa alla regina Ypa per ripulire la coscienza romana e la visione che gli altri avevano di loro? O magari un accadimento simile è successo prima dell’avvento dei romani?
Ma continuiamo con la storia: i Salassi rimanevano comunque i possessori dei territori in alto e vendevano l’acqua ai romani sottostanti. Proprio per questo motivo, i romani, avari e sempre smaniosi di guerra, attaccarono più volte i Salassi. Molti celti furono venduti come schiavi e lavoravano nella zona di estrazione dell’oro. C’è addirittura una legge censoria che impediva di utilizzare più di 5.000 schiavi salassi per il lavoro nella miniera, per paura che si sarebbero ribellati.
È di questo periodo, il 100 a.c., la romanizzazione di Ivrea, città celtica di cui parliamo dopo.
Inizia quindi qui una separazione nella popolazione salassa: il sud, la parte canavesana e biellese conquistata dai romani, ma i Salassi della Val d’Aosta rimangono indipendenti.
Dopo la conquista della bassa zona salassa, per alcuni decenni le Alpi Occidentali non sono quasi nominate. Le città piemontesi diventano sempre più romanizzate, lo testimoniano vari reperti, come per esempio la stele bilingue di Vercelli (se non la conosci vai a leggere questo articolo di Sara, trovi anche il video sotto).
La Valle d’Aosta, intanto, rimane libera e spesso i salassi di quella zona causano problemi ai romani con opere di brigantaggio e imponendo dazi ai romani che vogliono usare i valichi.
Nel 25 a.c. anche la Valle d’Aosta viene conquistata, proprio perché i romani volevano impossessarsi dei valichi, strategici per le comunicazioni e una parte importante della popolazione viene deportata. Circa 44.000 salassi vengono venduti come schiavi ad Eporedia (Ivrea), ormai totalmente colonia romana. Venne quindi fondata la città romana di Aosta laddove il generale romano aveva posto il suo accampamento.
Mattiacus, Mazzé, la città di Ypa
Si pensa che Mazzè sia l’antica città di Ypa, Mattiacus.
L’etimologia del nome è incerta. Nelle vecchie carte, Mazzè è denominata Maxadium, Mazetum o Mazat Secondo gli ultimi ritrovamenti, potrebbe derivare proprio dal nome della Dea Mattiaca.
Se ti interessa scoprire di più, ti rimando a questo sito
Ivrea e Ypa: cos’hanno in comune?
Una cosa davvero curiosa che ho scoperto spulciando siti ed etimologie del canavese è che Ivrea un tempo aveva una forma del nome alternativa ad Eporedia, ovvero: Yporedia. Ti ricorda qualcosa? Ebbene a me sì e per questo sono andata a spulciare per bene l’etimologia del nome.
Sapevo già che Eporedia deriva dal termine Epo, la stessa radice della divinità Epona, la Dea cavalla. Epo deriva, infatti, dal celtico comune “eqwo”, che significa proprio cavallo. Ma anche ypo ha la stessa radice? Non sono un’etimologa e non ho fatto studi universitari in tal senso, ma dalle informazioni che ho trovato sembra di sì.
Yporedia (così come Eporedia) deriva dalle parole “eqwo” e “redia“. “Eqwo”, come abbiamo detto significa cavallo e “redia” deriva da “rēd”, che significa “andare a cavallo, viaggiare”. Rēda è, infatti, la vettura a quattro ruote e in gallico i Redones sono i conduttori dei carri. Anche nell’antico irlandese ríad significa “andare in vettura o a cavallo”, “viaggio, corsa”.
Per Delamarre, Eporedia significherebbe quindi “corsa a cavallo” o “insieme di carri”, per Serra e Pellegrini significherebbe “luogo fortificato da un vallo di carri equestri”, per Stempel “la città dei carri equestri”.
Plinio il vecchio dice anche che i galli chiamano eporedii i bravi domatori di cavalli e che Eporedia doveva essere un Conciliabulum, non una città, ma un luogo di ritrovo delle popolazioni locali dove si svolgevano corse dei carri.
Insomma, Ivrea è un tripudio di carri e cavalli. Questa simbologia è rimasta ancora oggi, basta vedere il carnevale, ma la domanda che mi è sorta dopo è: anche Ypa, la regina salassa della leggenda ha la stessa etimologia?
Io credo di sì, d’altronde Ypa era una sacerdotessa della Dea Mattiaca, il corrispettivo cisalpino della Dea Morrigan. Macha, una Dea che forma la triplice forma della Morrigan è estremamente legata ai cavalli (se non conosci il perché puoi scoprirlo nel libro Le Dee in cerchio). Ecco, quindi, che un senso ci sarebbe.
Inoltre, Ivrea non fu fondata dai romani come tutti pensano, ma dai Salassi, la popolazione celtica di cui Ypa era regina.
Biografia
Bibliografia: Alessandro Barbero, “Storia del Piemonte. Dalla Preistoria alla globalizzazione”, Torino, Einaudi, 2008, p. 30
Mario Coda, “Biella nei secoli. Cronologia storica. Le insegne araldiche della Città di Biella”, Gaglianico, Botalla, 2014, p. 13
“Dalle origini al Medioevo. Le sezioni Paleontologica e Archeologica del Museo del Territorio Biellese”, a cura di Giuseppina Spagnolo Garzoli e Angela Deodato, Biella, M10 Edizioni, 2014, pp. 47-54
“Oro, pane e scrittura. Memorie di una comunità inter Vercellas et Eporediam”, a cura di Luisa Brecciaroli Taborelli, Roma, Quasar, 2011, p. 25
“Incolae iugi. I popoli delle Alpi occidentali in storici e geografi dell’età di Livio” di Francesco Rubat Borel, Preistoria alpina, 49 bis: 83-93
La leggenda della regina Ypa è una rielaborazione della storia narrata da Livio Barengo
http://www.mattiaca.it
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